Si intitolava “Fascist Passions” la conferenza che la filosofa statunitense di origine ebraica Judith Butler ha tenuto all’Università di Bologna. Un incontro che è intervenuto su uno dei temi di attualità cruciali, cui stiamo assistendo in diversi contesti del mondo, Stati Uniti e Italia inclusi: la fascistizzazione all’interno delle democrazie.

Il fascismo che cresce anche nelle democrazie, il pensiero di Judith Butler

Judith Butler è una delle figure più importanti della filosofia contemporanea, che ponendosi al centro del dibattito post-strutturalista, ha concentrato la sue ricerche sulle tematiche di genere, identità, linguaggio e teorie “queer” e su violenza, etica, e politica.
Nel suo ultimo libro “Who’s Afraid of Gender?“, Butler descrive l’accanimento sulle minoranze, in particolare migranti e persone trans o omosessuali, che negli ultimi anni è andato aumentando e che sta mostrando tendenze violente e fasciste in diversi contesti.

Nella sua relazione e anche nell’intervista realizzata a margine, la filosofa ha spiegato che può succedere che pur avendo strutture democratiche, ci siano forme fasciste che si sviluppano all’interno delle stesse democrazie. E che forse non li riconosciamo come fasciste.
Tutto può nascere da pensieri del tipo: «Perché queste persone (delle minoranze) dovrebbero avere diritti?», o ancora: «se queste persone hanno dei diritti, i tuoi diritti verranno distrutti. Se a queste persone viene concessa la libertà, la tua libertà sarà tolta».
In casi come questi non si sta svolgendo una una conversazione razionale, ma in realtà c’è un immaginario che appunto attinge ad idee fasciste.

Il sovranismo o il suprematismo bianco, manifestazioni presenti nel presente in diverse parti del mondo, pur sviluppandosi all’interno di democrazie attingono da concetti fascisti. «Se si pensa che si possano privare le minoranze o le persone diverse dei loro diritti, che possiamo lasciare che queste persone muoiano o che possiamo privarle dell’assistenza sanitaria, se iniziamo a pensare che ciò sia razionale, allora abbiamo perso il nostro profondo senso dei valori democratici», sottolinea Butler.

Alla filosofa è stato anche chiesto perché parli di fascismo e non di totalitarismo. «Non penso che il totalitarismo sia quello a cui stiamo assistendo, non penso che ogni aspetto della società sia pervaso dal potere statale – ha risposto Butler – Penso che sia più complesso di così. Hannah Arendt guardava ad alcune formazioni del 20° secolo, e ora dobbiamo chiederci: qual è la nostra formazione contemporanea? Non penso che abbiamo regimi fascisti in piena regola. Però dobbiamo chiederci: qual è l’attuale orientamento sociale e psicologico nei confronti di coloro che sono più vulnerabili? Da dove vengono gli attacchi a queste persone? Com’è possibile che queste comunità vengano descritte anche come una minaccia fondamentale per la nazione e la società come la conosciamo?».

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